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STORY

DIRECTOR'S STATEMENT

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We follow a young boy playing in a forest with some friends. Bit by bit, through his eyes, we see a distressed child of a different ethnic race, then a long line of people amassed together, police guards with dogs and a high wall covered with barbed wire.Where are we? and when ?

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A New Perspective is a dramatic film of universal and historic appeal which sets out to record some of the all too topical events of recent times such as the refugees gathered at the gates of Europe. Events that are deeply and paradoxically linked to the same reasons that Europe was constructed after the Second World War. It seeks to promote peace and a united nations of Europe rather than a return to the horrors of concentration camps and a renewal of hatred and nationalism.

Personally, I was very affected by the sight of high wire fences in Hatar, Hungary and the images of long lines of people clasping their bundles of belongings and children clinging to them. And their pleas to be admitted as they were put in camps of integration reminded me yet again of 1945.

It is impossible not to realize that history is repeating itself. What position should we take if we find ourselves in front of these events and the means of communication are so far superior to those of 1945? Do we just stand by and watch?

In this story, the boy playing in the forest observes, hears, discovers and focuses on a new and terrible picture. Shocked he returns home with his friends with a new outlook on life, and an improved understanding.

Time is a leading player in this story. Time and the passage of time. In fact, as the boy scours the forest for something of value we are suspended in time, and in slow motion as we hear and see through the boy’s eyes and ears and follow his meticulous search and eventual discovery. Time speeds up between past and present when he finds the baby girl and the refugees and barbed wire confines and brings with it a “trend-over-time” mystery which is only unveiled at the end.

The aim of this short movie is to highlight visually and stylistically a pertinent theme of our times. In the space of ten minutes we merge with a young boy’s thoughts and feelings and through his eyes perceive the connection between 1945 and the present day and our responsibility to the quality of life we are constructing.

This short film project aims to highlight the advantage and fascination of creating a short film by allowing synthesis as an exercise in style from a visual, photographic and thematic point of view. In about ten minutes as spectators we witness a reversal of a young boy's gaze, a new vision of the world, the temporal connection between 1945 and 2019 in Europe, and the awareness of our responsibility on the quality of the world we are building. In addition to a change in color that will mark the difference between the two periods, there will also be a change in ratio during the film. A film shot in 4/3 which in the last part will become 16:9 with a change in ratio from 1:37 to 1:85 depending on the look of the young protagonist towards the barbed wire.

The barbed wire “theme” is a present day symbol not only for the refusal of access for refugees and migrants but also for the line of demarcation for a land which finishes and another that begins. A “no man’s land” that literally belongs to nobody. A borderline that rejects children and their right to a new life. What protection do they have in such circumstance? How many children dispersed and orphaned.

It is a theme of diversity, of fear and hatred of a different race that invades our territory.  A wake up call for us to accept responsibility and develop a new perspective .. and hopefully a new prospective.

The short film will be directed by Emanuela Ponzano and the set would be in iTALY or in a barbed wire land in Europe.

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EMANUELA PONZANO

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NOTE DI REGIA

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Attraverso lo sguardo di un ragazzino che gioca in una foresta con alcuni compagni scopriamo passo dopo passo una bambina persa di etnia diversa che piange, delle persone in fila ammassate, dei poliziotti con dei cani e un muro alto di filo spinato. Dove siamo ? e quando?


Una nuova prospettiva è un film drammatico di carattere storico universale, che vuole ricordare come eventi cosi gravi come l’attualissimo problema dei rifugiati in attesa alle
porte d’Europa sia legato profondamente e paradossalmente allo stesso motivo per il quale l’Europa è stata costruita dopo la seconda guerra mondiale. Ovvero non ripetere l’orrore dei campi di concentramento e favorire la pace tra gli Stati Uniti di Europa,contrastando il ritorno di nazionalismi e odio razziale.
Personalmente sono stata molto colpita dalla visione del muro spinato, del confine (Hatar) ungherese. Di come l’immagine di lunghe file di adulti e bambini disperati, con in braccio solo un sacco, ammassati contro una rete coperta da filo spinato e umiliati dalla richiesta di spogliarsi dei loro beni una volta accolti nei “campi d’integrazione”, mi ricordasse il lontano - ma forse non troppo - 1942.
Se la Storia è ciclica possiamo osservare che si ripete nelle sue forme più belle e più terribili. Qual è allora la nostra posizione di spettatori coscienti davanti a questi eventi e cosa possiamo fare oggi rispetto al 1942, potendo contare su possibilità di comunicazione infinitamente maggiori? Continuiamo solo a guardare?
In questa storia il ragazzino che gioca nella foresta sente e osserva, scopre e incontra qualcosa di nuovo e allo stesso tempo terribile. Spaventato e sconfortato dalla visione di
tanta disperazione torna a casa con una nuova consapevolezza.

Il Tempo è protagonista del racconto. Inizialmente il tempo della narrazione è dilatato come se fosse sospeso tra sguardo e azioni minuziose del ragazzino. La lentezza conferisce al racconto un senso di quotidianità e rafforza le emozioni del bambino, accompagnando le sue scoperte sonore e visive. Ad una prima parte caratterizzata da un ritmo lento e misurato si contrappone una seconda più incalzante, innescata dalla visione della bambina che piange, dei suoi genitori e della fila di migranti al confine:
il tempo accelera tra passato e presente alimentando quell’enigma temporale che solo alla fine del film verrà svelato, lasciando spazio al tema dell’importanza della memoria.
Questo cortometraggio vuole essere una sintesi tra un film di impegno civile, che tratta tematiche delicate e attuali, e un esercizio di stile, dal punto di vista visivo e fotografico. In una decina di minuti un ragazzino ribalta le sue e le nostre certezze,mette in continuità l’Europa del 1942 con quella del 2017, facendo emergere
le nostre responsabilità sul mondo che stiamo costruendo. In questa volontà di “ribaltamento” vanno visti il cambio di color, che segnerà la differenza tra i due periodi, e il cambio di ratio durante il film, girato in 4/3 per oltre metà, per poi diventare, nell’ultima parte, in 16/9 (con un cambio di ratio a vista da 1:37 a 1:85) come a voler sottolineare l’apertura dello sguardo del ragazzino venuto a contatto con il muro di filo spinato.
Considerata la rilevanza dell’aspetto “visivo” (i dialoghi sono, infatti, pochi e asciutti) la fotografia è stata affidata ad un maestro del cinema come Daniele Ciprì. Parimenti importante sarà il racconto sonoro che accompagnerà le scene, la cui composizione sarà firmata da Teho Teardo.
Il filo spinato, infine, oltre che immagine visivamente molto potente, simboleggia allo stesso tempo il divieto d’accesso ad un un luogo e il punto limite che marca il confine tra due terre. Questo punto è un no man’s land. Una terra di nessuno.
Il confine oggi a chi appartiene?


Emanuela Ponzano

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